Sulle strade dell'esodo con Scalabrini

Com’è avvenuto il mio primo contatto con il mondo scalabriniano e con la figura del Beato Giovanni Battista Scalabrini?
Rispondendo a questa domanda sento molta gratitudine per tutte le persone che con la loro testimonianza mi hanno trasmesso fin dall’inizio e continuano a trasmettermi il carisma scalabriniano vivo, così attuale per la nostra vita di Missionarie Secolari Scalabriniane.

Sono tedesca e vengo da Ingolstadt, una città vicino a Monaco di Baviera. Anni fa, ho partecipato ad una giornata formativa della diocesi di Rottenburg-Stoccarda. A quel tempo, non era frequente incontrare in quegli ambienti persone di altre nazionalità. Invece quella volta tra i presenti una non era tedesca: era una missionaria secolare scalabriniana. Abbiamo fatto conoscenza e lei mi ha invitato ad un incontro internazionale di giovani al Centro di Spiritualità dei missionari scalabriniani a Stoccarda.
E ci sono andata per partecipare ad un mini-campo durante la Pasqua. Che cosa mi è rimasto di quei giorni, e che cosa mi ha affascinato?

Prima di tutto la profondità e la comunione in cui abbiamo vissuto tra persone di lingue e storie così diverse, insieme all’accoglienza e alla semplicità del missionario scalabriniano che guidava le giornate, P. Gabriele Bortolamai. Mi è rimasto nel cuore l’incontro con i migranti che vivono all’ombra delle nostre belle città: ho aperto gli occhi sulla povertà presente nel mio Paese e, nello
stesso momento, sulla generosità e capacità di sacrificio di quelle persone, sulla loro ricchezza. E nella notte di Pasqua ho scoperto un Dio che è Padre, Padre di tutti e che mi chiedeva: “Mi ami davvero?” (cfr. Gv 21,15).

Ma non ero pronta a dire di sì, a lasciare tutto e ad affidarmi totalmente a Lui. Sentivo bruciare dentro la Sua domanda, ma ho risposto “no” e sono partita. Sono andata lontano, in Israele, per un anno di tirocinio in pedagogia sociale in una scuola araba per giovani rifugiati palestinesi, mentre contemporaneamente continuavo lo studio di teologia.
Il capitolo di quella Pasqua era ormai chiuso. Mi ero buttata nella vita sociale e collaboravo con diversi gruppi politici di sinistra. Avevo tanti impegni e mille sogni per il futuro.
Le possibilità non mancavano! Ma io volevo fare qualcosa contro l’ingiustizia che vedevo presente ovunque nel mondo. Cercavo persone autentiche e qualcosa che desse senso alla mia vita.
[...]
E Scalabrini ha continuato a scherzare con me, nella mia vita quotidiana. Ad esempio, negli anni del mio invio missionario a Roma mi sono trovata con le altre missionarie a cercare un nuovo appartamento e, quando lo abbiamo trovato, abbiamo scoperto che dalla cucina si poteva accedere ad una piccola veranda con una finestra che dava sull’altare della Chiesa adiacente.
Come non pensare a Scalabrini e alla sua passione per l’Eucaristia, fermento nascosto di tutta la sua vita, di ogni suo intervento e della sua speranza?

Christiane

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